Giuseppe e la corona dell’azzardo

GENESI

Mi chiamo Giuseppe, per tutti Pippo, ho quarant’anni e sono un giocatore compulsivo. Non sono stato sempre così, una volta avevo sentimenti, etica, lavoro.

“Era il tempo in cui l’orizzonte circondava la nostra vita come un abbraccio gentile/Il giorno e la notte non erano rivali/non esistevano nemici di cui avere paura”

(Dunwich: Le pietre di Dunwich https://youtu.be/bWCzzDkOqKQ )

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I miei genitori si separarono quando ero piccolino, ma non mi mancarono affetto e cure, soprattutto da parte del nonno paterno con il quale avevo un rapporto speciale. Dopo alcuni anni sereni, alla vigilia del mio sedicesimo compleanno, la ruota della sorte girò in senso avverso: il nonno si ammalò gravemente. Sul letto d’ospedale, tenendomi la mano, mi disse: “Desidero che tu sia coraggioso e determinato e che ti prenda cura della nonna. Sii un ragazzo serio, che Dio ti benedica, Pippo!” Fu l’ultima volta che lo vidi cosciente, pochi giorni dopo spirò e per disperazione la nonna iniziò ad avere problemi depressivi, compensati con nicotina e giocate sempre più sostanziose al lotto. Diceva che era il nonno che le dava i numeri e giocava …giocava…poche vincite, molte perdite.

Ho giocato tre numeri al lotto/Venticinque, sessanta e trentotto/Li ho giocati convinto perché/Li ho sognati tutti e tre”

(Renato Carosone: Tre numeri al lotto https://youtu.be/S9qmLInQr8M).

Al Nautico non andavo male a scuola, ma senza aspettare il diploma decisi di imbarcarmi per allontanarmi da una situazione che non riuscivo più a gestire. Accusai sensi di colpa. Il nonno mi aveva chiesto di aiutare la nonna (che morì anni dopo per le troppe sigarette fumate) ma scappai, spaventato dalla sua instabilità. Nell’acqua trovai tranquillità, ripensando a quel fiume in cui assieme al nonno, esche e canne da pesca inondavamo di allegrezza le giornate:

Quel fiume sa dove è la mia casa/Quel fiume per me esiste. / Quel fiume per me esiste, perché io credo/Perché io amo la vita, / Perché io piango, perché io rido”

(Alan Sorrenti: Un fiume tranquillo https://youtu.be/ZF9UGLdQfWw ).

Per dieci anni vita dura sui carghi mercantili solcando i mari del mondo, ma anche soddisfazioni e soldi risparmiati. Un giorno con un amico decisi di sbarcare e aprire alle Canarie un’attività commerciale che ci portò a essere sufficientemente facoltosi. M’immersi nella trinità dell’edonismo: sesso, droga e rock’n roll. Per chi desiderasse approfondire l’uso di questa espressione rimando a https://www.rockit.it/news/sesso-droga-rocknroll ).

Sex and drugs and rock and roll/Is all my brain and body need/Sex and drugs and rock and roll… Sesso e droga e rock and roll/è tutto ciò di cui il mio cervello/e il corpo hanno bisogno”.

(Ian Dury: Sex and drugs and rock and roll https://youtu.be/wKF-K5Yb2FE )

Una vita fuori misura, ricercata, agognata, con l’illusione di trovare un po’ di felicità:

Voglio una vita spericolata/ Voglio una vita come quelle dei film/Voglio una vita esagerata/Voglio una vita come Steve McQueen/Voglio una vita che non è mai tardi/Di quelle che non dormi mai Voglio una vita, la voglio piena di guai”

(Vasco Rossi: Vita Spericolata https://youtu.be/VNHSL0pTlzA).

Ben presto anche la seduzione delle slot machines s’impresse sulla mia personalità deviante, marchiandola a fuoco ne divenne l’autentico motore vitale. Ormai ero un adepto di quelle macchine malefiche, ideate per condurre a sé gli esseri umani. Sfamavo le voglie con quei dispositivi complessi, montati su una piattaforma digitale composta da più di mille parti singole. Ero socio fruitore, l’unico perdente, di quell’equipe di trecento persone che cooperavano alla costruzione e alla ideazione delle macchinette moderne: creatori di script, grafici, designer, venditori, matematici, ingegneri meccanici di video e di software …. Mi veniva voglia di percuotere tutti con violenza, ma poi alla fine avrei dovuto picchiare solo me stesso. Ero l’unico responsabile del mio comportamento patologico. Il gioco aveva perso pian piano la sua funzione meramente ludica o compensativa, come nel passato, quando riempiva i miei vuoti interiori ed ero ancora in grado di controllare le spese.

Sbattuto in una agonizzante sfida, aggredito da rinforzi positivi intermittenti (vincere spesso premi d’importo basso) e da vincite sfiorate (near miss) portatrici malate di  frustrazioni che spingevano a riprovare subito la giocata. Il mio atto compulsivo: un pigiamento di tasto ogni quattro secondi, rappresentava il ritmo frenetico che bloccava l’autocontrollo.

Secondo l’analisi del sociologo canadese naturalizzato statunitense Erving Goffman (https://docplayer.it/4939574-Erving-goffman-l-enfant-terrible-della-sociologia.html ) basata sugli studi etnografici del gioco d’azzardo a Las Vegas (ove lavorò come dealer di blackjack), il giocare d’azzardo “ non è tanto una fuga dal quotidiano, quanto un’arena circoscritta che imita la struttura reale e quindi immerge il giocatore in una dimostrazione delle sue possibilità”. Ferdinando come tanti gamblers si mette in competizione con sé stesso.

Quando l’economia deperisce, l’azzardo fiorisce. Il gioco mi portò a regredire, divenendo azzardopatia, amplificatrice di povertà morale ed economica. Possedendo ancora delle risorse, ero arciconvinto che potevo rifarmi.” But still plunge in/ you play high stakes…Ma ancora rilanci/fai grosse puntate”. (Iron Maiden: The angel and the gambler https://youtu.be/IhlRyxWU21s ).

Mi autoingannai ancora una volta.

Nell’azzardopatia, l’inseguimento delle perdite definito “Chasing” è l’azione che il giocatore compie nel tentativo di riottenere il denaro perduto mediante un colpo di fortuna.

Sono il Virus e porto corona….

E venne il Covid 19 o Corona Virus che dir si voglia. Il gioco d’azzardo permane, non si mette in quarantena, non segue i ritmi di questa vita sospesa, anzi, amplifica il suo raggio d’azione penetrando attraverso nuove feritoie e creandosi strade alternative per ferire ancora più subdolamente.

“Passano i giorni /le primavere/passa la rondine che tornerà/passa la pioggia/passa la neve/io sono quello che resta qua”

(Paolo Capodacqua: L’uomo senza nome https://youtu.be/4LQ6tti_XbM ).

Non c’è offerta disponibile e non si può uscire di casa? Poco male: c’è l’online!!! Iscriversi a un conto gioco e proporsi a un casinò o sala slot virtuale non sarà la stessa cosa: i giocatori patologici vogliono toccare e sentire l’azzardo! Ma io vado e sono oltre, come un vampiro in cerca di sangue devo pur saziarmi in qualche modo!

In questi giorni di pandemia, alcuni pazienti hanno manifestato astinenza dal contatto fisico con l’oggetto azzardo, dal contesto perverso e coinvolgente della sala slot, bar o tabaccheria, dagli sguardi dei compagni di sventura, dalle loro reazioni nel vincere o perdere. È come se mancasse un quid che attraeva e rendeva piacevole l’esserci in quel contesto patologico e tossicofilico, dove ciò che trionfa è alienazione e dipendenza.

Ora sono attivo su un importante portale di gioco e mi delizio con le tante proposte del sito. Spaparanzato sul divano, non inserisco “denaro nelle bocche di fuoco” ma uso il conto gioco ricaricando con la carta di credito.

(Silvana Aliotta-Marcello Capra: Aspettando Jackpot https://youtu.be/9ssUhyCkEIM )

In questo insalubre periodo non sono più interessato alle sole slot machines, sul sito ce ne sono di fascinose seppur virtuali (la mia preferita è l’Eldorado Infinity Reels a tre rulli.

( https://www.youtube.com/watch?v=hxjmsThSF_g )

Sto ampliando il mio range di gioco. Grazie alla segregazione casalinga forzata ho scoperto la cash race pokeristica ove il montepremi totale garantito è di 6500 euro e si può giocare a poker su tanti tavoli e per molteplici classifiche. Veleggio tra i numerosi casinò live cercando belle ragazze come croupier (anche l’occhio vuole la sua parte…) e sfido il banco con la roulette (americana, francese, royale), il sette e mezzo, il baccarat e il black jack…da perdersi nell’oceano della perdizione! Mi sono intrufolato anche nelle sale bingo virtuali (tipo la Zeus, la Pegaso o quella a 75 numeri, sempre ricchi montepremi mi…ci aspettano). Mi affascinano le corse virtuali dei cani, dei cavalli, delle automobili, dei ciclisti. Tutti in competizione in una sorta di videogioco con gli avatar che si sfidano in gare ove si può scommettere da un minimo di 1 euro ad un massimo di 1000 per virtual race.

Infine, le scommesse sportive. In quest’epoca con la paralisi degli eventi agonistici mi sono concentrato sull’unico campionato di calcio europeo che (alla data del 22 aprile mentre sto scrivendo) risulta regolarmente in campo: la Vysshaya Liga bielorussa con il Bate Borisov che ha vinto negli ultimi vent’anni ben quindici volte il titolo. In Bielorussia si gioca a football perché, come esternato dal presidente- dittatore Alexandr Lukashenko: “non bisogna farsi prendere dal panico e da psicosi di massa, tutto deve andare avanti perché il Covid 19 si batte facendo saune, bevendo molta vodka e lavorando duro” e io aggiungerei: giocando d’azzardo.

Epilogo

La perdita parziale o totale di alcuni sensi come il gusto e l’olfatto sono caratteristiche di questo virus. L’udire un paesaggio sonoro minimale a livello meccanico, con il traffico automobilistico quasi azzerato, con l’apoteosi del cinguettio degli uccellini e il vedere orizzonti più limpidi, causa la maggior purezza dell’aria, non saturano la mia mancanza tattile di abbracci, carezze e movimenti di dita. Qualcuno si accontenterebbe di una stretta di mano senza guanto protettivo, di una pacca sulla spalla, finalmente liberi da ogni sospetto, a me invece manca, da monarca onnipotente qual sono, l’atto di schiacciare con impeto quel tasto di macchinetta per aprire il forziere e conquistare l’agognato jackpot.

Che nostalgica e travolgente emozione!

Il giocatore è un guerriero che tiene in mano una spada con cui cerca di sodomizzare il denaro. Bisognerebbe dargli una pensione…Il giocatore è l’unico che ha capito la micidialità del denaro… il denaro ci frega tutti”. (Piero Ciampi)

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